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Dopo decenni di lavoro è partito il più sofisticato telescopio spaziale mai realizzato, il James Webb Space Telescope (Jwst). Guarderà indietro nel tempo, agli albori dell’universo, studiando l’origine della vita, dei pianeti, delle stelle e delle galassie. Un progetto molto ambizioso sia per gli aspetti tecnologici sia per gli obiettivi. 

Nel video qui sopra Adriano Fontana, astrofisico, dirigente di ricerca presso l’INAF – Osservatorio Astronomico di Roma e Presidente della Large Binocular Telescope Corporation (Tucson, Arizona, USA) racconta la storia e il funzionamento del James Webb Space Telescope (JWST).

Costato circa 10 miliardi e mezzo di dollari, James Webb Space Telescope sarebbe dovuto essere pronto più o meno 14 anni fa, nel 2007. Poi enormi problemi ingegneristici, lievitazione dei budget e varie altre grane ne hanno postposto il lancio in maniera davvero notevole.

Ora, però e partito e dovrebbe raggiungere nei prossimi mesi il suo punto di osservazione: il punto Lagrange L2. Qui, a 1,5 milioni di Km dalla Terra, lontano dalle interferenze del nostro Pianeta, potrà scandagliare il cielo in modo più preciso e accurato andando alla ricerca di indizi sulla nascita dell’universo e sulla vita aliena. 

La storia del JWST parte oltre 25 anni fa, quando gli incredibili risultati raccolti dal telescopio spaziale Hubble (in orbita a 530 km d’altezza) resero molto chiara l’importanza delle osservazioni dallo spazio.

Ma il James Webb Telescope è molto di più del successore di Hubble.

«È un successore nel senso che estende il campo di indagine a distanze e a lunghezze d’onda maggiori, che ci permetteranno di osservare oggetti più freddi e più antichi di quelli che Hubble poteva rilevare» spiega il Nobel John Mather, a capo del team scientifico del James Webb Space Telescope, nell’intervista che ci ha rilasciato. «In tal modo, speriamo di vedere i segni dell’intera storia dell’universo, dalla formazione delle prime stelle e galassie ai pianeti del Sistema solare».Telescopio XXL. È il più grande telescopio spaziale mai lanciato nello spazio: lo specchio del telescopio James Webb ha infatti un diametro di 6,5 metri (quello di Hubble è di 2,4 metri). Potrà raccogliere molta più luce di Hubble e, in questo modo, osservare anche oggetti nati poco dopo il Big Bang.   Gli astronomi sperano proprio in questo: vedere e studiare quello che c’era appena 150 milioni di anni dopo la nascita dell’Universo, un “momento” di cui non conosciamo nulla, se non da un punto di vista teorico.

Per osservare quegli oggetti il telescopio scandaglierà nell’infrarosso, perché la luce prodotta da quelle antiche stelle è stata “stirata” nel tempo a causa del loro allontanamento e oggi si possono appunto scoprire solamente nell’infrarosso, lunghezza d’onda ottimale anche per lo studio dei pianeti extrasolari.

Per lavorare nell’infrarosso, però, il telescopio dovrà essere molto freddo e perciò, nello spazio, dispiegherà un ombrello gigante per proteggersi dalle radiazioni solari.

Com’è fatto il James Webb. Il telescopio infatti si compone di due parti fondamentali: lo specchio e il corpo della sonda. Il primo è da record: la sua superficie, 7 volte quella di Hubble, permette al telescopio di raccogliere le poche manciate di fotoni che ci arrivano dall’universo primordiale. Realizzare, ma soprattutto spedire nello Spazio uno specchio così grande, è quasi impossibile. Per questo lo specchio è composto da 18 specchi esagoni di berilio rivestiti in oro.

Il corpo della sonda invece si compone di antenna per le comunicazioni, pannelli solari per ricaricare le batterie e propulsori per orientare il telescopio. E soprattutto dello scudo.

Il funzionamento degli specchi del James Webb Space Telescope. © Nasa

PROTEZIONI. Per evitare che le radiazioni del Sole, della Terra e della sonda stessa scaldino il telescopio e interferiscano coi sensibilissimi strumenti, lo specchio è infatti protetto da ben 5 fogli isolanti. Si tratta di Kapton, un materiale già usato per le tute degli astronauti, placcato a sua volta di alluminio e silicio per riflettere più radiazioni possibili.

I sottilissimi fogli si dispiegheranno solo nello spazio aperto, raggiungendo l’ampiezza di un campo da tennis.

Lancio e apertura. Nelle ore e nei giorni immediatamente successivi al lancio del James Webb Space Telescope, gli ingegneri a terra organizzeranno da remoto una complessa sequenza di dispiegamenti. Questa animazione mostra la sequenza nominale per queste complesse e delicate operazioni.

[Fonte]