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(ansa)
(ansa)

Il rover della Nasa ha analizzato campioni di suolo estratti con il trapano da sedimenti antichi di miliardi di anni e trovato composti del carbonio a pochi centimetri dalla superficie. Mentre nell’atmosfera ha ‘fiutatò metano in concentrazioni che aumentano stagionalmente



CURIOSITY continua a trovare indizi al ‘sapore’ di carbonio nell’atmosfera e nel suolo di Marte. Non sono ancora le prove che cerchiamo della vita ma la conferma che, almeno in passato, le condizioni e gli ‘ingredienti’ necessari c’erano tutti: dalle molecole organiche nel sottosuolo al metano nell’atmosfera. La loro origine potrebbe essere biologica? Possibile, la Nasa non lo esclude, ma le spiegazioni per la presenza di queste molecole complesse possono essere diverse: dagli asteroidi alle attività geologiche e geotermali nel sottosuolo.

Non è la prima volta che la Nasa scova i ‘mattoni della vita’ tra le polveri e le rocce marziane. La prima fu la sonda Viking, nel lontano 1976. Risultati controversi ma poi confermati, molti anni più tardi. Anche nel 2012 le prime analisi compiute da Curiosity sul suolo appena pochi mesi dopo lo sbarco sul pianeta rosso avevano fatto esultare. Poi, nel 2014, un altro annuncio: i componenti necessari allo sviluppo di forme biologiche nel sottosuolo e nell’atmosfera tracce di metano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nuove conferme ora arrivano da due siti diversi all’interno del cratere Gale, i resti di un antico lago che il rover sta esplorando da quasi sei anni: qui ha trovato diverse molecole a base di carbonio e zolfo e scoperto che il metano nell’aria marziana aumenta ciclicamente, alla fine dell’estate.

ENERGIA PER LE CELLULE
Bucando con il suo trapano i sedimenti antichi di miliardi di anni, Curiosity ha estratto e analizzato campioni di suolo che contengono diversi composti molto interessanti per gli esobiologi: tiofene, 2-metiltiofene, 3-metiltiofene e solfuro dimetile. Si tratta di composti del carbonio, con ‘aggiunta’ di zolfo, elemento che ha contribuito, secondo i ricercatori, a conservare le molecole in quell’ambiente ostile. 

Inoltre, si legge nello studio pubblicato su Science da un team internazionale di ricercatori, quelle rinvenute potrebbero essere state parti di molecole più complesse: “Non abbiamo ancora quello che cerchiamo, le ‘biosignatures’, come amminoacidi che compongono il Dna – spiega Daniela Billi, professoressa associata al dipartimento di Biologia a Tor Vergata e associata Inaf che non ha preso parte allo studio – e non sappiamo ancora di preciso quale sia l’origine di queste molecole. Potrebbero essere anche servite per il metabolismo cellulare ma non ci sono prove”.

La buona notizia riguarda le future esplorazioni. Curiosity non ha gli strumenti per trovare la “pistola fumante” della presenza di vita, passata o presente, ma molecole organiche così vicino alla superficie lasciano ben sperare: “Curiosity le ha trovate ad appena tre centimetri e mezzo di profondità – continua Billi – questa è un’ottima premessa per la missione Exomars dell’Esa, che scaverà fino a due metri, dove le condizioni sono ancora migliori per cercare la vita”. Lontano dal bombardamento delle radiazioni ionizzanti e dai perclorati letali per l’esistenza di forme biologiche.

·IL METANO ‘STAGIONALE’
Il metano è considerato un “biomarcatore”, anche se può avere origini geologiche. Durante i cinque anni di misurazioni con il suo Tunable laser spectrometer, Curiosity ha ‘fiutato’ tracce di metano nell’atmosfera e dai suoi dati si è scoperto che le concentrazioni aumentano alla fine dell’estate. Sulla Terra (l’unico pianeta sul quale abbiamo la certezza che esista la vita) è presente in grande quantità perché viene prodotto continuamente dall’attività biologica, scarto di reazioni chimiche come il metabolismo degli esseri viventi. E, ovviamente, dalle attività umane. Su Marte la situazione è molto diversa.

In assenza ‘sorgenti’ che lo rimpiazzino si esaurirebbe presto, i suoi legami chimici vengono infatti scissi dalle radiazioni che colpiscono il pianeta rosso, privo di scudi naturali che invece possiede la Terra (un’atmosfera spessa e un forte campo magnetico). Qualcosa dunque sta ‘pompando’ metano nell’atmosfera, magari vicino a dove si trova il robot.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come per il permafrost sulla Terra, potrebbe essere intrappolato in gabbie d’acqua, molecole di ghiaccio inclusive dette clatrati, che quando si sciolgono rilasciano il gas al loro interno. Oppure conservato nelle rocce che vengono consumate dall’erosione o, piuttosto, prodotte da processi geotermali. Quest’ultima ipotesi sarebbe molto interessante per ciò che implica: fonti di energia da sfruttare e un pianeta ancora attivo. Non si può escludere però, al cento per cento, che il metano sia prodotto dal metabolismo di popolazioni di microbi o altri organismi più complessi. Un altro indizio che lascia sperare di poter, un giorno, trovare davvero la vita ancora attiva e non solo le sue tracce.[fonte]