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Corina Saebels, donna single di 58 anni e madre di due figli, vive a Kelowna, Canada, fino a non molti tempo fa UFO ed alieni non facevano parte della sua vita.

O almeno lei così credeva. Una serie di eventi inaspettati fanno riemergere dei ricordi sepolti nella sua mente.

Tutto ha inizio una sera d’estate. Dopo aver messo a letto i figli, Corina riceve la visita di un suo compagno, i due, si siedono fuori in veranda a bere qualcosa. Entrambi avvertono un leggero tremore, alzano gli occhi al cielo e, sopra le loro teste, un enorme oggetto nero di forma triangolare, lentamente, si avvicina sempre più a loro.

L’uomo, spaventato, insiste con Corina per entrare in casa. Lui entra, mentre la donna resta fuori a fissare l’oggetto finché non sparisce così come era arrivato.

L’amico esce di casa arrabbiato, dicendole: «ma dove sei stata? È un’ora che ti cerco, che ti chiamo, sono arrivato fino al bosco!» – Corina resta interdetta – «Non mi sono mossa di qui, controllavo l’oggetto ma se ne è andato quasi subito!».

Corina ha un vuoto nei suoi ricordi di circa un’ora.

Nei giorni seguenti la donna continua a pensare all’accaduto, è preoccupata di avere qualche problema mentale, pensa di consultare uno specialista, finché non riemerge un ricordo della sua infanzia. Giocava a nascondino con altri bambini, quando arriva il suo turno di contare fino a 10, lei lo fa e dopo poco comincia a cercare e chiamare i suoi amici, ma non ottiene nessuna risposta.
Avverte una strana paura impossessarsi di lei e comincia a correre verso casa. Corina è convinta che qualcuno la stia inseguendo, non si volta, fino a quando, arrivata a casa trova i suoi genitori preoccupati: «Corina, ti abbiamo cercata dappertutto, dove sei stata? I tuoi amici sono tornati a casa da almeno due ore!».
Lo stesso vuoto di memoria che le è capitato pochi giorni prima si era verificato anche da bambina. La donna è sempre più preoccupata, non tanto per lei, ma, essendo madre single, per i suoi figli.

Una sera, mentre stava dormendo, avverte un rumore provenire dalle scale, si alza per andare a controllare e vede un essere scheletrico, di colore grigio, con arti lunghi e sottili, una testa enorme, occhi grandi e al posto delle bocca una piccola fessura – Corina ancora non lo sa, ma ha appena incontrato un alieno Grigio – l’essere entra nella cameretta della figlia. La donna lo segue per cercarlo ma non trova nulla, la bambina dorme tranquillamente nel suo lettino. Crede di aver avuto soltanto un incubo, per cui torna a letto.

La mattina successiva, dopo aver fatto colazione, osserva dei disegni che sta facendo sua figlia: strani omini con una grande testa. Corina le chiede chi siano e la bambina risponde: «Sono degli amici che a volte mi vengono a trovare, sono buoni – ma, indicando uno dei personaggi del disegno – tranne lui, lui mi fa paura, mi ha detto di essere il “Dottore”.»

Sentendo la parola “Dottore” i ricordi di Corina riemergono tutti insieme. Ricorda di essere stata rapita da quegli esseri, di essersi ritrovata su un lettino mentre uno di loro, senza muovere la bocca, telepaticamente, le dice: “Sono il Dottore”; l’alieno Grigio fa scendere uno strano strumento dall’alto che le penetra l’addome. La donna urla dal dolore, ma “il Dottore” resta inespressivo e continua con il suo intervento. Una volta terminato, prima che la riportino indietro, Corina ha il tempo di osservare le pareti che la circondano: sono piene di vasche trasparenti e in ognuna c’è un feto.

A questo punto, per la donna, diventa tutto più chiaro. Sia lei, che sua madre, durante tutta la loro vita, hanno avuto una serie di gravidanze terminate con un aborto spontaneo, ma sempre senza nessuna traccia del feto. Corina capisce che dietro tutto questo ci sono quegli esseri, che prima la rapiscono per fecondarla e poi per prelevare il feto.

Il suo pensiero va subito alla figlia, che già ha avuto contatti con gli alieni e non vuole che questa storia famigliare di rapimenti e abusi coinvolga anche lei. Decide di trasferirsi in una località meno isolata, con più case e vicini.

Trascorrono anni e tutto sembra tornato alla normalità. Finché un’amica di Corina non la va a trovare nella sua nuova casa per trascorrere insieme un week end. Le due donne, al ritorno dal cinema, dopo l’insistenza dell’amica, si fermano in un luogo panoramico per osservare le stelle. L’amica nota delle luci verdi che si muovono nel cielo e che di certo non sono stelle, le luci sembrano seguire una coreografia, si avvicinano, si allontanano, ruotano tra di loro, si intrecciano, fino a quando spariscono nel nulla.

Corina sa che in quella zona ci sono diversi animali selvatici, per cui prende una torcia dall’auto e controlla la zona circostante. Illumina i cespugli dove intravede dei riflessi, crede che siano gli occhi di qualche cervo ma, osservandoli meglio, riconosce i volti degli alieni. Le donne, spaventate provano a scappare, intanto sulle loro teste è comparso l’enorme UFO nero. Sono paralizzate dal terrore, alle due amiche sembra di impiegare una vita per salire in auto. L’auto non parte e gli alieni si avvicinano poggiando le loro mani sui finestrini.
Dopo numerosi tentativi l’auto finalmente va in moto e cominciano a scappare. L’UFO continua a seguirle per un lungo tratto. Corina non vuole tornare subito a casa, crede che facendolo gli alieni la potrebbero seguire mettendo in pericolo sua figlia. Per cui continuano la loro corsa in auto fino a quando sembra che l’UFO non le stia più inseguendo.
Scendono dall’auto, verificano che non ci siano tracce di alieni, ma quando risalgono, l’amica di Corina si accorge che gli orologi segnano un’ora in più. Dove sono state durante quell’ora, cosa è successo?

Tornano a casa e Corina corre subito in camera di sua figlia, per controllare che stia bene, la figlia dorme tranquillamente.

Ma ora Corina ha capito una cosa, non esiste un posto sicuro, è impossibile nascondersi dagli alieni. In un intervista al Toronto Sun, lancia un appello: «A tutti gli alieni benevoli. Se conoscete e vedete quello che questi alieni malvagi ci stanno facendo, per favore fermateli, impedite loro di danneggiare anche i nostri figli. Aiutateci!» [fonte]

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