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Nella prefazione scritta per il libro “Starmus, 50 Years of Man in Space”, lo scienziato allerta sui potenziali rischi legati agli esperimenti sulla cosiddetta “particella di Dio”.

[La Repubblica] Il bosone di Higgs – altrimenti conosciuto come “particella di Dio” – può avere il potenziale per distruggere l’universo.

L’avvertimento è dell’astrofisico inglese Stephen Hawking, che lo scrive nella prefazione del libro Starmus, 50 Years of Man in Space, una raccolta di conferenze tenute da scienziati e astronomi, tra cui gli astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin.

Secondo il celebre fisico, a livelli di energia molto elevati, il bosone potrebbe improvvisamente diventare instabile, causando un “catastrofico decadimento del vuoto” tale da far collassare il tempo e lo spazio, e non ci accorgeremmo nemmeno che sta succedendo.

Hawking sottolinea che questo scenario è molto improbabile, perché i colleghi non hanno a disposizione un collisore di particelle abbastanza grande per un esperimento di questa portata.

Con una nota sarcastica infatti Hawking aggiunge che “un acceleratore di particelle capace di raggiungere 100 miliardi di GeV sarebbe più grande della Terra, ed è improbabile che si possano ottenere i finanziamenti per realizzarlo nel clima economico attuale”.

Secondo il fisico comunque, nell’eventualità che lo si costruisse, il bosone di Higgs “potrebbe diventare metastabile a energie superiori a 100 miliardi di giga-elettronvolt (GeV)”.

In sostanza, se gli scienziati dovessero intraprendere un esperimento simile, l’universo potrebbe subire un catastrofico decadimento del vuoto, cioè la bolla del vero vuoto si espanderebbe alla velocità della luce. Il disastro secondo Hawking “potrebbe accadere in qualsiasi momento”.

L’affermazione ha portato il professor John Ellis, fisico teorico del Cern, a rispondere prontamente per tranquillizzare gli animi: “Deve essere chiaro che la scoperta del bosone di Higgs al Large Hadron Collider (Lhc) non ha causato questo problema, e le collisioni nell’Lhc non potrebbero innescare instabilità, perché le loro energie sono troppo basse”.

È dello stesso avviso Nicola Mori, ricercatore in fisica all’Università di Firenze, che abbiamo contattato per capire meglio il problema sollevato da Hawking.

Mori ci spiega che da una parte “è vero che i fisici stanno cercando di studiare il fenomeno a energie molto alte con Lhc, e che progettano in futuro di costruire nuove macchine per aumentare questa energia, ma è bene sapere che nell’universo esistono oggetti e processi fisici che lavorano a energie molto maggiori di quelle di Lhc – per essere precisi fino a un milione di volte – e per ora nessuno di questi processi ha causato un catastrofico decadimento del vuoto”.

In altre parole, “oggi siamo in grado di osservare raggi cosmici che arrivano dal Cosmo sulla Terra con un’energia un milione di volte maggiore di quella delle particelle che girano dentro all’Lhc, ma nessuno di questi raggi cosmici ha causato danni”.

“Quella di Hawking – che resta uno dei più grandi luminari del nostro tempo – è quindi da vedere come una speculazione teorica, un fatto che si potrebbe verificare a energie ancora maggiori di quelle dei raggi cosmici di cui si parlava sopra”, conclude Mori e sottolinea che “la cosa più importante, al di là di speculazioni e idee pindariche, e l’unica cosa sicura è che non siamo ancora in grado di distruggere l’universo”.

 

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