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È l’opinione di Seth Shostak, astronomo senior del Seti Institute. I dati suggeriscono che solo nella nostra galassia ci sono 40 miliardi di pianeti che possono ospitare la vita. Ma per trovarli sono necessarie apparecchiature sofisticate e costose. “Purtroppo, gran parte di questi strumenti è ancora sul tavolo da disegno e non nello spazio”, spiega il dottor Shostak.

La vita aliena, per il momento, può essere osservata solo in televisione e al cinema, invece che nello spazio.

Tuttavia, ci sono molti ricercatori che pensano che la vita nel cosmo sia dilagante. Essi pensano che la sua scoperta possa avvenire nell’arco di una generazione.

Questi scienziati sostengono che il loro punto di vista è supportato da fatti che erano sconosciuti ad una generazione fa. In particolare, grazie soprattutto alle osservazioni del telescopio spaziale Kepler della Nasa, ora è possibile affermare con certezza che l’universo è pieno di mondi abitabili.

Negli ultimi due decenni, sono stati scoperti migliaia di pianeti attorno ad altre stelle, con la scoperta di un nuovo pianeta al giorno. Ormai è chiaro che la maggior parte delle stelle è circondata da pianeti che le orbitano intorno, il che implica l’esistenza di almeno un trilione di questi piccoli corpi solo nella Via Lattea.

Un’analisi approfondita dei dati di Kepler suggerisce che ben uno su cinque di questi sistemi potrebbe contenere un pianeta simile alla Terra, con atmosfera e acqua liquida. In altre parole, la Via Lattea potrebbe ospitare miliardi di cugini della Terra.

Naturalmente, il fatto che siano così numerosi non significa che siano abitati. Ci sono tre modi per scoprirlo, e tutti dipendono da esperimenti sofisticati e costosi.

In primo luogo, bisogna trovare la vita nelle vicinanze del nostro pianeta, soprattutto nell’esplorazione di Marte. Finora, la maggior parte della ricerca è stata indiretta. Il compito dei rover, infatti, è stato quello di individuare i posti migliori per scavare e forse scoprire microbi fossilizzati o viventi sotto la superficie apparentemente sterile.

Ma questi non sono tentativi di trovare la vita, sono tentativi per trovare luoghi in cui potrebbe esserci la vita. Senza dubbio, Marte rimane la scommessa favorita per l’esobiologia, ma molti ricercatori preferiscono scommettere sulle lune di Saturno e Giove. Anche in questo caso, il tipo di vita che ci si aspetta di trovare è di tipo microscopico.

L’esplorazione di questi mondi potrebbe essere realizzato sia con semplici missioni finalizzate ad analizzare i flussi espulsi dai geyser naturali, sia con l’invio di sonde robotizzate equipaggiate con impianti di perforazione capaci di penetrare per dieci chilometri lo strato di ghiaccio che separa la superficie di Europa, una luna di Giove, dall’oceano liquido che si trova al di sotto.

Ma come scrive Seth Shostak su The Conversation, gran parte di questo hardware è ancora sul tavolo da disegno, non nello spazio. I progressi sono lenti, soprattutto perchè i finanziamenti sono minimi.

Un secondo sistema per trovare la vita nello spazio è quello di analizzare le atmosfere dei pianeti intorno alle stelle. Questo viene fatto attraverso una tecnica chiamata spettroscopia, grazie alla quale i ricercatori possono conoscere la composizione di un ambiente a molti anni luce di distanza.

Sebbene sia molto semplice descrivere un esperimento finalizzato a trovare ossigeno o metano su un altro mondo, nel concreto è un cosa molto difficile, perchè i pianeti sono poco luminosi e le stelle a cui orbitano intorno, al contrario, molto luminose.

Per risolvere il problema, si è pensato alla costruzione di telescopi giganti orbitanti capaci di bloccare la luce delle stelle. Si potrebbe costruire una cosa del genere in soli dieci anni, ma solo se ci sono i soldi sufficienti.

Il terzo approccio alla ricerca esobiologica guarda oltre i microbi, cercando di intercettare segnali radio o luci laser lampeggiati che indichino l’esistenza di intelligenza extraterrestre. Più antenne e ricevitori migliori potrebbe accelerare questa ricerca, ma ancora una volta, il finanziamento e il fattore limitante.

Basti pensare che il finanziamento in bilancio per il 2015 destinato alla Nasa per la scienza planetaria e astrofisica sarà pari a circa 1,8 miliardi di euro, cioè meno di un millesimo del totale del bilancio federale degli Stati Uniti. E certamente, le cose non vanno meglio nell’Unione Europea.

Così, tutto si riduce a questo: non sappiamo per certo se c’è vita nello spazio, ma le proprietà dell’universo certamente suggeriscono che questa idea è plausibile. Trovarla sarebbe straordinariamente emozionante, ma i governi, attualmente, preferiscono investire in armamenti e altre amenità. Dunque, è solo questione di volontà.[fonte]

 

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