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Il progetto finanziato dal magnate russo Yuri Milner prevede di inviare un migliaio di minisonde spinte da un ‘vento laser‘. Come aquiloni, potrebbero raggiungere la stella a noi più vicina in circa 20 anni a una velocità pari a un quinto di quella della luce. Un’impresa possibile “entro una generazione” che costerà dai 5 ai 10 miliardi di dollari

Mark Elliot Zuckerberg – Stephen William Hawking

È UNA SFIDA mai immaginata prima, almeno non in termini così pratici: spedire una sonda (per la precisione, molte mini-sonde) in orbita attorno a un’altra stella, Alpha Centauri. In termini di distanze e tempo, un’impresa finora considerata fantascienza. Ma secondo Stephen Hawking il progresso tecnologico ci permetterà di farlo “entro una generazione”. Come? Con una vela spaziale spinta da un potentissimo fascio di raggi laser emesso da terra che permetterà di raggiungere una velocità pari a un quinto di quella della luce.

Ad alimentare quello che potrebbe non essere solo un sogno è quindi lo scienziato più celebre e apprezzato dei nostri giorni. Hawking ha presentato il programma stellare Starshot Breakthrough, della Breakthrough Initiatives, finanziata dal miliardario russo Yuri Milner e nel cui coordinamento figura anche Mark Zuckerberg.

Un annuncio arrivato in un giorno simbolico: il 12 aprile del 1961 Yuri Gagarin divenne il primo uomo nello spazio, dando inizio a un’era. E questa potrebbe essere la pietra miliare dell’inizio di un’altra era: quella dei viaggi interstellari.

Il magnate russo Yuri Milner

Le distanze. Alpha Centauri è il sistema stellare più vicino alla Terra ma resta comunque a una distanza proibitiva per affrontare qualsiasi viaggio, almeno per l’uomo. Poco più di 4,3 anni luce che, in termini terrestri, significano qualcosa come 40mila miliardi (40.000.000.000.000) di chilometri. Anche la sonda più veloce ci impiegherebbe circa 30mila anni.

Gli scienziati e i ‘visionari’ della Breakthrough Initiaves hanno in mente invece tempi molto più umani. Secondo loro, è possibile imprimere un’accelerazione a una serie di piccoli moduli spaziali fino a sfiorare i 200 milioni di chilometri all’ora, il 20 per cento della velocità della luce. Una volta in orbita i mini-satelliti dovrebbero dispiegare un sottilissimo e ampio foglio, come un aquilone (spesso pochi atomi e largo qualche metro).

Il ‘vento’ che dovrebbe sospingerle invece questa volta sarà artificiale. Una serie di raggi laser prodotti da tante sorgenti molto potenti dovrà colpire il bersaglio generando, in un paio di minuti, 100 gigawatt, tanta energia quanta ne serve per far decollare uno Space Shuttle. Ma la mira dovrà essere molto precisa perché anche il minimo errore potrebbe compromettere il successo della missione. La sfida tecnologica per riuscire nell’impresa sta quasi tutta qui. E nel trovare le risorse per svilupparla e renderla realtà. I costi stimati dalla Breakthrough variano dai cinque ai dieci miliardi di dollari. Milner si è impegnato a finanziare la prima fase di ricerca con 100 milioni.

L’idea della vela non è nuova. Di recente la Planetary society ha testato una “lightsail” portata in orbita dalla SpaceX e la Nasa sta pensando a un modello simile utilizzando il vento solare per arrivare ai confini dell’eliopausa.

I tempi. Come termine di paragone possiamo prendere l’oggetto artificiale più lontano mai arrivato: la sonda Voyager 1, decollata nel 1977 ora oltre i confini del Sistema solare, ha percorso circa 18 ore luce in quasi 40 anni. Arrivare su Alpha Centauri (un sistema costituito da tre stelle, con Proxima Centauri, una nana rossa, che orbita attorno alle altre due) non sarà dunque questione di giorni e nemmeno di mesi. Anche a quella incredibile velocità le sonde impiegheranno circa 20 anni per giungere a destinazione. Una volta arrivate scatteranno foto e raccoglieranno dati preziosi anche (si spera) sul pianeta delle dimensioni della Terra che orbita attorno alla coppia centrale. Ma serviranno più di altri quattro anni per riceverli perché tanto ci metteranno, viaggiando alla velocità della luce, a fare il percorso inverso fino a noi. Anche se ancora, tra i dettagli forniti sulla missione, non è specificato con quale sistema (e con quale energia) questi minuscoli dispositivi potranno spedirci a terra il risultato delle loro osservazioni.

Perché tanti mini-satelliti? Il modello scelto è quello di inviare una ‘flotta’ costituita da un migliaio di piccole sonde, delle dimensioni di un chip, del peso di pochi grammi. Il progresso tecnologico rende già possibile concentrare in pochissimo spazio strumenti molto sofisticati. Le dimensioni e il peso ridotti saranno un vantaggio per l’energia da impiegare sia nel decollo che nella spinta definitiva.

Gli scienziati, inoltre, puntano sul vantaggio del numero. Il tragitto verso Alpha Centauri non promette di essere un viaggio facile. C’è il rischio (soprattutto con le energie in gioco a quelle velocità) che le polveri danneggino i dispositivi, per non parlare dell’impatto con piccoli asteroidi o frammenti. Spedirne diversi assicura molte più possibilità di successo rispetto all’invio di una singola sonda.

A dirigere il progetto sarà Pete Worden, ex direttore dell’Ames Research Center della Nasa e nello staff figurano nomi come il premio Nobel Saul Perlmutter e Ann Druyan, vedova di Carl Sagan e produttore della serie tv ”Cosmos”. Assieme a Hawking e lo stesso Milner, il terzo nome del board è quello del fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, il cui interesse per una sfida fantascientifica affianca Facebook a Google nello sforzo di spingere oltre le nuove frontiere dello sviluppo tecnologico.

Spostare i confini del possibile è nella natura dell’uomo, così la pensa Stephen Hawking. “Quello che ci rende unici è trascendere i nostri limiti. La gravità ci spinge al suolo ma io sono appena arrivato in America volando”, ha detto l’astrofisico con la sua proverbiale acutezza. E ha lanciato la sfida con parole ricche di speranza: “Oggi ci impegniamo in questo prossimo grande salto nel cosmo, perché siamo umani e la nostra natura è volare”

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