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È stato “annusato” dal laboratorio Nasa Curiosity sopra il cratere Gale. C’è un qualcosa che produce ossigeno e poi lo riassorbe. Una dinamica tutta da scoprire

NELL’ATMOSFERA di Marte non c’è solo il metano a mettere in difficoltà gli scienziati, ora anche l’ossigeno è diventato un rebus. Sembra che ci sia qualcosa che ne produce in quantità impreviste e poi lo riassorbe. Un meccanismo tutto da spiegare che coinvolge uno dei gas più preziosi per la vita come la conosciamo e che saranno fondamentali se vorremo andare a esplorare e stabilire una colonia sul Pianeta rosso.

Il fiuto di Curiosity

La presenza di ossigeno su Marte era nota da tempo grazie ai rover marziani, tra cui anche Curiosity, che lo fiuta da quando è arrivato ormai più di sei anni fa. Significa che ha trascorso su Marte tre interi anni (un anno lassù conta 687 giorni) e i relativi cambi di stagione. Per la prima volta dalle sue misurazioni gli scienziati hanno potuto ricavare un un andamento ciclico delle concentrazioni di gas, ossigeno e metano compresi. E sono arrivate delle sorprese. Secondo lo studio, pubblicato sul Journal of Geophysical Research: Planets, in alcune stagioni l’ossigeno aumenta la sua concentrazione del 30 per cento. Una enormità che il team di geologi, chimici e planetologi coordinati da Melissa Trainer della Nasa, non riescono a spiegare.

Il ciclo atmosferico: ghiaccio e gas

L’atmosfera di Marte varia molto a seconda delle stagioni. Durante autunno e inverno l’anidride carbonica (la componente principale dell’atmosfera marziana) ghiaccia e si solidifica, soprattutto ai poli, sottraendo gas all’atmosfera e diminuendo così la pressione. Nelle stagioni calde, invece, la temperatura sale oltre il punto di fusione del biossido di carbonio e la pressione atmosferica torna a crescere. In questa dinamica, spiegano gli scienziati, argon e azoto si comportano secondo le attese, crescendo e oscillando coerentemente con la presenza di CO2. L’ossigeno no. E mostra, come detto, picchi inattesi e livelli più bassi rispetto a quelli che la chimica applicata può spiegare, in inverno.

Ossigeno e metano in tandem

“Ci stiamo sforzando di spiegare questa cosa – riflette Melissa Trainer – il fatto che il comportamento dell’ossigeno non sia perfettamente ripetibile in ogni stagione ci fa pensare che non sia un problema che ha a che fare con le dinamiche atmosferiche. Ci deve essere qualche causa chimica e che lo fa dissipare che ancora non conosciamo”. Per certi aspetti, scrivono, il comportamento dell’ossigeno va in tandem con quello del metano. Un dettaglio suggestivo, visto che entrambi sono gas che ci aspettiamo di trovare dove ci sono forme di vita e metabolismo. Entrambi, inoltre, hanno vita di solito breve. L’ossigeno è una molecola che reagisce e si combina molto in fretta con altri elementi (basti pensare all’ossidazione che provoca la ruggine), per questo trovarne in grandi quantità nell’atmosfera di un pianeta (ma non è il caso di Marte, dove costituisce lo 0,16 per cento) può significare un ricambio costante e quindi, forse, vita. Così anche per il metano. Tuttavia la prima spiegazione resta quella di una fonte geologica, anche se Curiosity non ha gli strumenti per distinguerle. A questo penseranno probabilmente Mars 2020 e Rosalind Franklin, il rover dell’Esa che approderà su Marte nel 2021 con la missione Exomars.
Gli scienziati, finora hanno solo potuto escludere che si tratti di un errore dello strumento (la prima cosa da controllare) e di un fenomeno che avviene nell’atmosfera, dove molecole di acqua o CO2 possono essere “rotte” per esempio dalle radiazioni solari e rilasciare ossigeno. Nel primo caso, secondo gli autori dello studio, non ci sarebbe abbastanza acqua per spiegare tutto l’ossigeno misurato. Nel secondo il processo sarebbe troppo lento per provocare una variazione stagionale.

Ossigeno dal suolo

L’ipotesi più verosimile sarebbe dunque che tutto questo ossigeno si origina dal suolo (per chiarezza, nemmeno lontanamente sufficiente a farci tirare una boccata, dovessimo avere la pessima idea di toglierci il casco). Ma anche qui i conti non tornano. Le radiazioni che colpiscono i perossidi (il suolo di Marte è tutto ossidato) e perclorati possono rompere molecole e rilasciare ossigeno, ci vorrebbero però milioni di anni: “Non siamo stati ancora in grado di individuare il processo che produce la quantità di ossigeno che ci serve, ma pensiamo che sia qualcosa nel suolo che cambia stagionalmente – sottolinea Timothy McConnochie, dell’Università del Maryland, coautore dello studio – perché nell’atmosfera non ci sono abbastanza atomi di ossigeno per creare il comportamento che osserviamo”. Ormai da anni si studia come rendere Marte, almeno in parte, abitabile. Sottraendo ossigeno dall’atmosfera scomponendo l’anidride carbonica o l’acqua trovata nel sottosuolo. La soluzione a questo “mistero” potrebbe essere, quindi, anche la scoperta di una nuova risorsa in vista di un prossimo sbarco. [Fonte]