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La continua scoperta di nuovi pianeti extrasolari e la consapevolezza che probabilmente, nella sola Via Lattea, quelli potenzialmente abitabili sono miliardi, sta costringendo gli scienziati a prendere in seria considerazione l’ipotesi della vita aliena. Non solo quella microbica, ma anche la vita intelligente che sarebbe diffusa ovunque nella galassia. Anche se potrebbe essere assai diversa da quanto sempre abbiamo immaginato.

LA VITA ALIENA PIÙ DIFFUSA È QUELLA SINTETICA?

Finora, filosofi, studiosi e futurologi hanno profetizzato tanto l’ascesa dell’ intelligenza artificiale qui, sul pianeta Terra, quanto l’imminente avvento della singolarità, ovvero un  processo di sviluppo tecnologico così rapido da non essere neppure prevedibile e comprensibile dagli esseri umani.   Ne fanno parte scenari inquietanti, se non addirittura terrorizzanti, con macchine così evolute che in un futuro nemmeno tanto lontano prenderanno il sorpravvento. Ma ora alcuni scienziati, estendendo lo sguardo all’universo, sostengono che quel tipo di intelligenza artificiale esiste già e da tempo immemorabile.
È l’idea di Susan Schneider, docente di filosofia all’Università del Connecticut, convinta che l’intelligenza dominante nel cosmo non sia di natura biologica, ma robotica. Nell’articolo “Alien Minds”(Menti Aliene), scritta per una pubblicazione della NASA di prossima uscita, la Schneider spiega perché le forme di vita aliena dovrebbero essere molto probabilmente sintetiche ed ipotizza come tali creature potrebbero pensare.

“Tutto, riguardo la loro cognizione- come il loro cervello riceve e processa le informazioni, quali siano i loro obiettivi e i loro incentivi- potrebbe essere profondamente differente da noi. Gli astrobiologi devono iniziare a pensare alla possibilità che ci siano modalità di cognizione assai diverse”, ha detto la professoressa a Motherboard-vice.com. È il caso, soprattutto, delle “super intelligenze artificiali”.

“È importante distinguerle dalle normali intelligenze sintetiche. Non sto dicendo che stiamo per imbatterci in processori dell’IBM sparsi nell’universo. Con tutta probabilità, questo tipo di intelligenza sarà molto più sofisticata di quanto noi esseri umani siamo in grado di comprendere.” La motivazione ha a che fare, principalmente, con una questione di tempistica, che la Schneider indica come una ” finestra stretta”.

DALLA RETE NEURONALE AL MICROCHIP… IL PASSO È BREVE

 

“Una volta che gli individui di una società creano la tecnologia che permette loro di entrare in contatto con il cosmo,  sono distanti poche centinaia di anni dal modificare il loro paradigma dalla biologia all’Intelligenza Artificiale. Questa finestra stretta fa sì che sia molto probabile incontrare degli alieni post-biologici. Lo dimostra anche l’evoluzione culturale umana, almeno fino ad ora.”
Spiega il concetto un altro sostenitore di questa teoria. “Non appena una civiltà inventa la radio, nel giro di 50 anni arriva ai computer e poi, probabilmente, in altri soli 50, scopre l’intelligenza artificiale”,  afferma infatti Seth Shostak, noto astronomo del SETI, il centro di ricerca da decenni impegnato nella ricerca di segnali provenienti dallo spazio. “A quel punto- dice- i soffici e delicati cervelli diventano modelli fuori moda. “ Insomma, i microchip prenderebbero subito il posto di neuroni e sinapsi.

Quindi, nell’ immenso spazio che ci circonda, sarebbe assai improbabile incontrare mostri tipo Alien o tenere creature come E.T. e molto più facile, invece, trovare cyborg se non avanzatissimi robot con caratteristiche per noi impossibili da contemplare. “Molta gente immagina gli alieni come esseri biologici, ma non ha senso. Ho scommesso dozzine di caffè con altrettanti astronomi che se mai un giorno capteremo un segnale extraterrestre, proverrà da una forma di vita artificiale”, conclude il ricercatore del SETI. Chi vincerà?[fonte]

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