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L’autore del libro che racconta i rapporti tra governo Usa e extraterrestri era un mitomane o il più grande rivelatore ufologico di tutti i tempi?

Clonazione umana, telepatia, laboratori super segreti,  contatti con creature aliene. C’è di tutto e di più nelle rivelazioni di Michael Wolf, uno dei personaggi più discussi ed enigmatici dell’Ufologia. A scatenare il dibattito, tuttora aperto, è stata la pubblicazione nel 1996 del suo libro  The Catchers of Heaven- A trilogy.
La prima versione apparsa nel nostro Paese (ora praticamente introvabile) aveva reso il titolo in lingua inglese con la frase Afferrando il cielo. Espressione che non aveva soddisfatto Wolf. A distanza di molti anni, il giornalista e ufologo Maurizio Baiata ha così ripreso in mano l’opera, ne ha rivisto completamente la traduzione arricchendola di note e spiegazioni.
 Ora I guardiani del cielo- una trilogia risulta  sicuramente più fedele all’originale. Ma non di meno resta un testo complesso, a tratti impenetrabile, come sospeso in una dimensione quasi onirica nella quale non è semplice distinguere l’ immaginazione dai dati reali. Eppure, secondo l’autore, in quelle pagine sarebbe nascosta, in forma romanzata, la verità, tutta la verità, sui rapporti top secret intercorsi per decenni tra le autorità americane ed esseri di altri mondi, all’interno dei laboratori- ufficialmente mai esistiti- gestiti dall’esercito Usa e dall’Intelligence di Washington.
Wolf vantava diplomi, lauree, specializzazioni, ruoli di primo piano in questo mondo parallelo di cui noi comuni mortali siamo all’oscuro.  Credenziali che però non ha mai potuto dimostrare: di lui praticamente non c’è alcuna traccia nelle università e negli enti che diceva di aver frequentato. Tanto che molti sono convinti che le sue rivelazioni siano solo invenzioni di una mente forse geniale, ma malata.

Lo pensa, ad esempio, il fisico Stanton Friedman che proprio a Baiata rivelò  di dubitare che quell’altisonante curriculum fosse reale. Tanto più che in America con pochi dollari chiunque si può far stampare falsi diplomi da appendere in bella vista. Per lui, Wolf- al secolo, Michael Kruvant- era “l’autore patetico ed allucinato di un romanzo pieno di frottole”.
Ben diversa l’opinione che si è invece formato, nel corso degli anni, il ricercatore italiano. L’assenza di documenti su Wolf che attestino la sua laurea al Mit di Boston o il suo lavoro per la Cia e la Nsa (la National Security Agency) sarebbe più che giustificata: negli Stati Uniti ogni traccia sarebbe cancellata, per prassi, quando si viene coinvolti in programmi ad accesso limitato. Inclusi il mitico Majestic-12 e l’Alphacom Team.
Di recente ho incontrato Maurizio Baiata e ho voluto sapere da lui qualcosa di più su questa figura tanto controversa, con la quale ha intrattenuto un rapporto amichevole fatto di telefonate e lunghe chiacchierate, fino al termine dell’ esistenza dello scrittore americano, nel 2000, a quanto pare per un tumore al pancreas.  Dunque, chi era davvero Michael Wolf?
“Eh, una domanda da 100 milioni di dollari… Non lo sappiamo. Non sappiamo quando è nato, sappiamo solo che è morto all’età di 58 anni. Era una spia psichica, lavorava per la National Security Agency e il suo compito precipuo era quello di interagire con varie razze aliene. Il suo quoziente intellettivo era elevatissimo e quando ci sono persone di questo genere i Servizi Segreti americani le prendono e le addestrano fin da piccole al fine di avere la possibilità di parlare con altri Esseri.”

Extraterrestri. Soggetti con i quali Wolf avrebbe condiviso non solo intere giornate di lavoro, ma anche l’amicizia. Come ad esempio Kolta- arrivato da Zeta Reticuli- e Sa Ra- sceso direttamente da Altair.  “Sì, lui ha avuto a che fare con due razze: i Grigi e i Nordici. Il titolo del libro, i Guardiani del cielo, nasce dall’idea che loro ci osservano da millenni  ed interagiscono con noi. I primi contatti con Michael avvennero da bambino, ma lui si rese conto di avere qualcosa di speciale quando era pilota da caccia, in Vietnam: in volo vedeva questi velivoli alieni che si accostavano e lui con i flap li salutava perchè dall’altra parte facevano altrettanto e lo scortavano.

Quindi sono qui con noi, ma a suo avviso sono anche coloro i quali dovranno portare un contributo fattivo alla soluzione di grossi problemi di questo pianeta per il benessere soprattutto dei più piccoli, dei bambini . Ma aveva contatti anche con i Nordici: nella quarta di copertina c’è l’immagine, anzi la foto, di quello che lui definisce il suo fratello cosmico. Il nome è Sa Ra, principe Altairano. In effetti la stella Altair esiste davvero e quindi quando Michael ha scritto il suo libro quanto meno era informato… Anzi, a mio avviso questo è anche un libro di scienza, di approfondimento di fisica quantistica”.
Secondo Maurizio Baiata dunque in quel testo- che nella prefazione viene definito dall’autore un’opera di pura fantasia senza alcun riferimento a fatti o persone reali- il sedicente scienziato avrebbe raccontato una verità scomodissima in una forma volutamente contorta e sibillina, in virtù degli ordini imposti dai suoi superiori della NSA. Solo così era stato autorizzato a “generare un flusso controllato di informazioni segrete”. Ma praticamente nessuno gli ha creduto. E anche oggi per molti ufologi era e rimane un millantatore.

“Perchè non l’hanno incontrato personalmente”, ribatte Baiata. “Di solito la testimonianza di un rivelatore non è in sé la più attendibile,  la devi per forza circostanziare. Quindi io cosa ho fatto? Dirigendo una rivista ufologica alla fine degli anni ’90, mandai due miei collaboratori, Paola Harris e Adriano Forgione, giornalisti che sono diventati molto famosi, per spendere due giorni con Michael. Ma poi c’è anche un’altra cosa: Michael ci ha dato delle prove fisiche, un piccolo frammento di quella che lui definì un’astronave extraterrestre, in seguito ad un crash.”
Il reperto in questione ha un aspetto metallico, è lucido, leggerissimo, con numerosi microfori. Ma è davvero quel che resta di un disco volante precipitato sul nostro pianeta?

Le analisi hanno appurato che quel frammento è  silicio puro al 99,99 per cento, sottoposto ad una temperatura elevatissima che lo ha praticamente fuso. Nulla, però, che ne provi la provenienza extraterrestre. I test sono stati effettuati anni fa in Italia, come spiega lo speciale pubblicato dalla rivista X-Time dello scorso marzo, dedicato proprio alla figura enigmatica di Wolf e a quei due giorni trascorsi nella sua casa del Connecticut dai giornalisti  inviati da Maurizio Baiata.
Un’esperienza straordinaria, affermano i reporter ancora oggi. Quell’uomo alto, dal sorriso affascinante e già molto malato, sembrava aver vissuto almeno due vite. Da ragazzo, aveva preso parte, come figurante, al film di Federico Fellini 8 e ½ : lo proverebbero alcune foto in bianco e nero che custodiva. Poi, la sfolgorante carriera universitaria: diceva di essere Dottore in neurologia, fisica teorica, diritto internazionale, scienze informatiche e biogenetica. Insomma, un genio universale con doti uniche sfruttate dai servizi segreti Usa per sperimentare un metodo eccezionale di comunicazione mentale.
 “Il Trattamento Portale al quale si riferisce nella sua opera sarebbe la capacità che noi esseri umani abbiamo di sviluppare poteri psichici particolari “, spiega Maurizio Baiata. “Tutto questo nasce da una forma di allenamento: al di là di come siamo conformati da un punto di vista cerebrale, è possibile arrivare a capacità mentali avanzate tese soprattutto ad entrare in contatto con loro, con gli Altri, attraverso la via telepatica. Comunicano con te attraverso onde cerebrali che partono da non si sa dove-da una realtà apparentemente separata dalla tua, forse multidimensionale- entrano nella tua realtà e tu interagisci con loro telepaticamente. Il Trattamento Portale era stato sviluppato per conto della NSA”

Wolf però ad un certo punto aveva infranto il giuramento di massima segretezza e aveva deciso di raccontare i retroscena di quella vita passata a cospirare alle spalle dell’ignara umanità. Un peso diventato nel tempo  insostenibile, fino a spingerlo a rivelare- a modo suo, con uno stile a metà tra la fiction e il sogno- quelle realtà agghiaccianti con le quali era entrato in contatto. Una scelta indotta anche da una tragedia personale: la morte in un incidente stradale della moglie e dell’adorato figlio, di appena 17 anni.
Tra le tante colpe di cui si sentiva responsabile, c’era poi  la fine di un individuo particolare. Il dottor Wolf infatti si attribuiva anche la creazione di un clone umano, fatto sviluppare fino all’età adulta, da lui educato ed istruito come un secondo figlio, ma dalla sorte drammatica. “Non è riuscito a salvarlo,” spiega Baiata.
“J.O.E  era un essere umano costruito artificialmente con la clonazione, verso la fine degli anni ’70, inizio anni ’80. Da chi? Dai militari americani. Lo scopo? La creazione di un supersoldato, indistruttibile, più potente dell’essere umano, una specie di Robocop, virtualmente identico a noi in tutto e per tutto. Soltanto che venne messo alla prova: poi fu comunicato a Wolf che il test non era andato bene e che J.O.E. era stato eliminato.  La prova era molto semplice: gli ordinarono di uccidere con un colpo di pistola o di un’altra arma da fuoco un cucciolo di cane indifeso. Lui si rifiutò. E venne terminato.”
 J.O.E. , proprio come il protagonista di un film per tv americana del 1985, Humanoid Defender, nel quale uno scienziato  dava vita ad un clone umano, usato per la guerra,  denominato con la sigla di J-type Omega Elemental e che ad un certo punto si ribellava agli ordini ingiusti dei suoi superiori. Tutto stranamente coincidente. Troppo.  Chi ha copiato chi?
  Inoltre, il fratello di Michael, dopo la sua morte, ne ha demolito la figura e la credibilità. Ha affermato che era solo un appassionato di fantascienza, senza nessuna competenza accademica,  e che tutto quello che aveva scritto era pura invenzione. Aveva mentito, su tutto. Non si era mai sposato, non aveva mai avuto figli. Aveva sofferto fin da ragazzo di disturbi mentali. La video intervista è ancora visibile sul web e  sembra chiudere in modo definitivo ogni dubbio sul caso Wolf.

Ma per Maurizio Baiata invece la verità sarebbe un’altra: l’autore di The Catchers of Heaven non era un bugiardo, un pazzo o un disinformatore. Anzi. “Era il più grande rivelatore ufologico di tutti i tempi. Secondo me, nessuno lo batte, neppure lo stesso Philip Corso o gli altri che hanno avuto a che fare con i segreti dell’ Area 51 o con altre situazioni completamente coperte dal cover up, dal segreto di Stato assoluto americano o di altri Paesi.” [fonte]

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